Cass., sez. III, 30-03-2001, n. 4733.
Il danno non patrimoniale, quale sofferenza patita in conseguenza di un fatto illecito, si verifica in coincidenza dell’evento dannoso; pertanto, è con riferimento a tale momento che, se non si tratta di illecito permanente, il danno morale deve essere riscontrato e liquidato, senza alcuna considerazione per fatti od eventi successivi; detta valutazione, anche se necessariamente effettuata con criteri equitativi e discrezionali, deve essere motivata tenendo conto della gravità delle lesioni patite e di tutte le circostanze ed elementi della fattispecie in modo da rendere congruo detto risarcimento.
Cass., sez. III, 14-11-2000, n. 14752.
La liquidazione del danno morale non può essere compiuta se non con criteri equitativi, tenendo conto della gravità del reato e del patema d’animo subìto dalla vittima; quando il giudice dia conto d’aver considerato questi fattori ed il giudizio sia congruente al caso, la concreta determinazione dell’ammontare del danno non deve poi essere palesemente sproporzionata per difetto od eccesso.
Cass., sez. III, 24-01-2000, n. 748.
In tema di danno da fatto illecito, per la liquidazione equitativa del danno morale il giudice non è tenuto ad adottare il sistema (della frazione) del valore di punto di cui alle tabelle elaborate per la liquidazione del danno alla salute, ben potendo basarsi su criteri correlati esclusivamente alle particolarità del caso concreto; incorre peraltro in vizio di motivazione qualora ritenga che il ricorso a quel criterio sia precluso in quanto non integrante una valutazione equitativa.
Cass., sez. III, 29-11-1999, n. 13336.
Nel liquidare il danno morale, è consentito al giudice tenere conto anche del grado di colpa in cui versa l’autore dell’illecito.
Cass., sez. III, 20-01-1999, n. 490.
In tema di liquidazione del danno da fatto illecito, l’adozione del criterio di determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno alla salute e di quello morale alla stregua del sistema c.d. del «valore di punto differenziato», criterio sempre più diffuso, ed anche auspicato al fine di evitare che la valutazione inevitabilmente equitativa del danno non patrimoniale assuma connotazioni ogni volta diverse, ed imprevedibili, suscettibili di apparire arbitrarie, non costituisce, tuttavia, un dovere del giudice, il quale ben può, invece, seguire criteri correlati esclusivamente alle particolarità del caso concreto; queste devono, comunque, essere tenute ben presenti al fine di rendere la valutazione il più possibile equa in relazione alle caratteristiche del caso di specie, anche allorché il giudice ritenga di far ricorso al sopra menzionato criterio del valore di punto differenziato.