Cass., sez. III, 16-05-2003, n. 7632.
La liquidazione del danno morale deve essere effettuata dal giudice in via equitativa, e può legittimamente avere come base le tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico, portando in questo caso alla quantificazione del danno morale in misura pari ad una frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di danno biologico, purché il risultato in tal modo raggiunto venga poi «personalizzato», tenendo conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, con la conseguenza che non può giungersi a quantificazioni puramente simboliche o irrisorie, anche laddove queste costituissero il risultato massimo conseguibile derivante dall’applicazione delle c.d. tabelle.
Cass., sez. III, 11-08-2000, n. 10725.
Nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da fatto illecito, anche se effettuata necessariamente sulla base di criteri equitativi, deve tenersi conto della gravità dell’illecito penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in modo da rendere il risarcimento adeguato al caso specifico; ne consegue che il ricorso da parte del giudice di merito al criterio della determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno morale in una frazione dell’importo riconosciuto per il risarcimento del danno biologico, non è di per sé illegittimo, a condizione che si tenga conto delle peculiarità del caso concreto, effettuando la necessaria personalizzazione del criterio alla specifica situazione, ed apportando, se del caso, i necessari correttivi, senza che la liquidazione del danno sia rimessa ad un puro automatismo.
Cass., sez. III, 24-01-2000, n. 748.
In tema di danno da fatto illecito, per la liquidazione equitativa del danno morale il giudice non è tenuto ad adottare il sistema (della frazione) del valore di punto di cui alle tabelle elaborate per la liquidazione del danno alla salute, ben potendo basarsi su criteri correlati esclusivamente alle particolarità del caso concreto; incorre peraltro in vizio di motivazione qualora ritenga che il ricorso a quel criterio sia precluso in quanto non integrante una valutazione equitativa.
Cass., sez. III, 20-01-1999, n. 490.
In tema di liquidazione del danno da fatto illecito, l’adozione del criterio di determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno alla salute e di quello morale alla stregua del sistema c.d. del «valore di punto differenziato», criterio sempre più diffuso, ed anche auspicato al fine di evitare che la valutazione inevitabilmente equitativa del danno non patrimoniale assuma connotazioni ogni volta diverse, ed imprevedibili, suscettibili di apparire arbitrarie, non costituisce, tuttavia, un dovere del giudice, il quale ben può, invece, seguire criteri correlati esclusivamente alle particolarità del caso concreto; queste devono, comunque, essere tenute ben presenti al fine di rendere la valutazione il più possibile equa in relazione alle caratteristiche del caso di specie, anche allorché il giudice ritenga di far ricorso al sopra menzionato criterio del valore di punto differenziato.
Cass., sez. III, 29-11-1999, n. 13336.
Nel liquidare il danno morale, è consentito al giudice tenere conto anche del grado di colpa in cui versa l’autore dell’illecito.
Cass., sez. III, 29-05-1998, n. 5366.
La liquidazione del danno morale da fatto illecito, benché rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, non si sottrae alla esigenza di una motivazione adeguata che tenga conto delle effettive sofferenze patite dall’offeso, della gravità dell’illecito e di tutti gli elementi della fattispecie concreta in modo da garantire l’adeguatezza del risarcimento; pertanto solo nella effettiva considerazione di ogni aspetto del caso concreto, la quale poi abbia riscontro, sia pur sintetico nella motivazione della sentenza, e, perciò, al di fuori di ogni automatismo, può considerarsi legittimo il ricorso da parte del giudice del merito al criterio di determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno morale in una frazione dell’importo riconosciuto per il risarcimento del danno biologico (nella specie, la sentenza di merito - annullata sul punto dalla suprema corte - in un caso di investimento di una persona ferma sul ciglio della strada da parte di un carro armato, a seguito del quale la vittima aveva subito l’amputazione della gamba e vari interventi chirurgici successivi, riportando un’invalidità transitoria totale per duecentoquaranta giorni ed un’invalidità permanente pari all’ottanta per cento, decedendo poi in corso di giudizio, per cause indipendenti dal sinistro, aveva liquidato a titolo di danno morale la somma di lire sedici milioni in base al, testuale, rilievo che «di solito questo tipo di danno è contenuto tra un quinto ed un sesto del danno biologico permanente»).
Cass., sez. III, 11-03-1998, n. 2677.
La liquidazione del danno morale può avvenire soltanto in base a criteri equitativi; ne consegue che il giudice del merito, nel motivare tale liquidazione, non è tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di ciascuno degli elementi in base ai quali ha formato il proprio convincimento, ma è sufficiente che dimostri di avere tenuto presenti tutti gli elementi di fatto acquisiti al processo.