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Giurisprudenza

Cass., sez. III, 22-10-2004, n. 20591.

Posto che, nelle obbligazioni di valore, la mera rivalutazione monetaria dell’importo liquidato in relazione all’epoca dell’illecito ovvero la diretta liquidazione dei valori monetari attuali possono non valere a reintegrare pienamente il creditore, che va posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe trovato se il pagamento fosse stato tempestivo, il riconoscimento degli interessi costituisce una modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui il giudice può far ricorso ove il creditore soddisfi il relativo onere probatorio, che dipenderà prevalentemente dal rapporto fra remuneratività media del denaro e tasso di svalutazione nel periodo considerato.

Cass., sez. III, 27-07-2001, n. 10300.

In tema di risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale, liquidato per equivalente e rivalutato fino alla data della decisione definitiva, è dovuto altresì il danno da ritardo, che può essere liquidato con criteri presuntivi ed equitativi e sulla base di un indice medio, anche attraverso l’attribuzione degli interessi ad un tasso decurtato rispetto alla misura legale; tale decurtazione non è, invece, ammissibile in riferimento agli interessi riconosciuti a decorrere dalla sentenza e fino al soddisfo, in quanto detta sentenza trasforma un debito di valore in debito di valuta.

Cass., sez. III, 27-07-2001, n. 10291.

Qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all’epoca del fatto illecito e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione, in siffatta ipotesi, gli interessi non possono essere calcolati (dalla data dell’illecito) sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, ma il lucro cessante cagionato al danneggiato dal ritardato pagamento della somma rivalutata a lui dovuta può essere calcolato mediante l’attribuzione di interessi determinati con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio.

Cass., sez. lav., 18-11-2000, n. 14930.

Le obbligazioni relative alla corresponsione del risarcimento del danno biologico e del danno morale sono obbligazioni di valore sicché vanno quantificate in considerazione del valore del bene perduto dal danneggiato rapportato al momento della decisione; a tale risultato può pervenirsi o facendo riferimento, come base del calcolo della liquidazione, a valori monetari dell’epoca del fatto dannoso ed applicando alle somme così ottenute la rivalutazione monetaria oppure facendo direttamente riferimento a valori monetari propri del tempo della decisione; è, inoltre, possibile che, in aggiunta, vengano altresì riconosciuti gli interessi legali, volti a ristorare il diverso pregiudizio subito dall’avente diritto per la ritardata percezione del suo credito.

Cass., sez. II, 03-02-1999, n. 878.

In tema di risarcimento del danno da fatto illecito extra contrattuale, se la liquidazione viene effettuata per equivalente, ossia con riferimento al valore del bene perduto o delle opere necessarie al suo ripristino all’epoca del fatto stesso, deve tenersi conto della svalutazione monetaria intervenuta sino alla decisione definitiva (danno emergente); alla somma così determinata, deve aggiungersi il risarcimento del danno che è in re ipsa, per la mancata disponibilità della somma de qua durante il tempo trascorso dall’evento lesivo e la liquidazione giudiziale; la dimostrazione di tale danno (lucro cessante) può essere fornita con ogni mezzo, anche presuntivo e mediante l’utilizzo di criteri equitativi; se il criterio prescelto è quello degli interessi, questi non possono conteggiarsi sulla somma rivalutata con decorrenza dall’evento, ma in relazione ai singoli momenti in cui la somma si incrementa nominalmente.

Cass., sez. III, 28-11-1998, n. 12089

Cass., sez. III, 27-02-1998, n. 2217

Cass., sez. I, 19-11-1997, n. 11502

Qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuato per equivalente con riferimento cioè al valore del bene perduto dal danneggiato all’epoca del fatto illecito e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva, anche se adottata in sede di rinvio, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento di detta somma; tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi equitativi quali l’attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze del caso; in siffatta ultima ipotesi gli interessi non possono essere calcolati dalla data dell’illecito sulla somma liquidata per il capitale definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti, da stabilirsi in concreto secondo le circostanze con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria ovvero in base ad un indice medio.

Cass., sez. I, 17-09-1997, n. 9252.

In tema di responsabilità extracontrattuale, la liquidazione del danno effettuata per equivalente, espressa in termini monetari, comporta la rivalutazione del valore originario con riferimento alla perdita di valore d’acquisto della moneta, fino alla data della effettiva decisione di merito; è inoltre dovuto il danno da ritardo (lucro cessante) che, in difetto di prova di maggior pregiudizio da fornirsi dal creditore, può essere riconosciuto dal giudice, in base a criteri equitativi e presuntivi, secondo il tasso d’interesse legale; ciò che deve escludersi è che in tal caso gli interessi siano calcolati a far tempo dalla data dell’illecito, sulla somma rivalutata con riferimento al momento della pronunzia definitiva di merito, dovendo invece essi essere calcolati, con riferimento ai singoli momenti (da determinarsi in concreto secondo le circostanze da apprezzare da parte del giudice del rinvio) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria, ovvero ad un indice medio (principio affermato in caso di azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali).

Cass., sez. III, 18-04-1996, n. 3666.

Qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata per equivalente con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all’epoca del fatto e tale valore venga, poi, espresso in termini monetari, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma; pertanto, tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri equitativi e presuntivi quali l’attribuzione degli interessi che in tale ipotesi non possono essere calcolati sulla somma liquidata per il capitale definitivamente rivalutata, ma è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti (da stabilirsi in concreto secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base a prescelti indici di rivalutazione, ovvero in base ad indice medio.

Cass., sez. III, 17-01-1996, n. 339.

In tema di risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale, se la liquidazione viene effettuata per equivalente e cioè con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all’epoca del fatto illecito, espresso poi in termini monetari che tengano conto della svalutazione monetaria intervenuta fino alla data della decisione definitiva, è dovuto al danneggiato anche il danno da ritardo e cioè il lucro cessante provocato dal ritardato pagamento di detta somma, che deve essere provato dal creditore; tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi e quindi anche mediante l’attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito, valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive inerenti alla prova del pregiudizio subito per il mancato godimento nel tempo del bene e del suo equivalente in denaro; e se il giudice adotta come criterio di risarcimento del danno da ritardato adempimento quello degli interessi fissandone il tasso, mentre è escluso che gli interessi possano essere calcolati dalla data dell’illecito sulla somma liquidata per il capitale rivalutato definitivamente, è consentito invece calcolare gli interessi con riferimento ai singoli momenti, da determinarsi in concreto secondo le circostanze del caso, con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio.

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